CSDD e tassonomia sociale: cosa aspettarci per il 2023

Se l’inizio dell’anno 2022 ha portato grandi innovazioni nello sviluppo delle tematiche legislative rivolte allae disclosure finanziaria prevista da molte aziende in fase di due diligence nell’ambito della sostenibilità, questo si deve in gran parte alla proposta dell’Unione Europea riguardante la “Corporate sustainability due diligence directive”, in breve CSDD, pubblicata lo scorso Febbraio 2022.

Mettendo al centro gli stakeholder delle aziende e delle Istituzioni in generale, la nuova proposta della CSDD, partendo da principi molto alti come quelli proclamati nella “Carta dei diritti umani” dell’ONU o dai principi dell’OECD, vuole porre al centro della disclosure finanziaria il ruolo dei portatori d’interesse, non esaurendosi soltanto ai più diretti, ma considerandoli in tutta la filiera.

Questa rivoluzione nel pensare e scrivere una proposta di un disegno di legge, è sicuramente data anche dalla centrale importanza riconosciuta alla catena di valore o “supply chain”, come si sente spesso nominare in testate straniere e non, per la creazione di impatti finanziari e sostenibili a medio-lungo termine.

Cosa fa quindi questa proposta di legge, la CSDD, se non partire dalle basi di un’azienda, che crea valore finanziario e vuole in fase di due diligence attribuire dal punto di vista economico-contabile la reputation proveniente dagli aspetti ESG ai suoi asset?

Semplicemente li elenca e li declina, o almeno ci prova, nei vari ambiti, in alcuni in modo più efficace di altri, a seconda del mercato di riferimento che ha davanti, ma in ogni caso ribaltando la base di partenza.

Secondo questa nuova proposta di legge europea infatti, non si parte dai vertici, bensì dall’ambiente circostante, dagli interessati che partecipano in forme dirette e non alla vita e sviluppo dell’azienda, chiedendo sempre di più informazioni chiare in merito. Che siano lavoratori, investitori, enti privati o banche o enti pubblici, attraverso questa proposta di legge tutti i partecipanti sono considerati come portatori d’interesse e quindi sono immessi nella disclosure effettuata in fase di due diligence.

Questo perché, partendo dalla catena di fornitura, si allarga la fetta di analisi e si prendono in considerazione tutti i Paesi coinvolti, non solo i territori dove si trovano gli headquarter. Tutti i Paesi in cui sono svolte attività che compongono la catena di valore della realtà aziendale analizzata ,  sono quindi soggetti a una valutazione della compliance aziendale rispetto ai criteri sulla sostenibilità richiesti dalla CSDD, partendo dalla centralità attribuita ai diritti del lavoratore in quanto persona e alla creazione di “comunità sostenibili”.

Infatti, senza farne molto mistero, la due diligence di sostenibilità rappresenta innanzitutto una win-win situation per tutti gli attori interessati, non limitandosi ed esaurendosi alle due parti della trattativa, ma allargando l’analisi sulle tematiche ESG appunto a tutti i portatori di interesse, i territori coinvolti e quindi innalzando il valore aziendale analizzato.

Pertanto risulta necessario, se non indispensabile, partire da subito con le basi e far sì che un’azienda che voglia rivendersi al mercato, sia in grado non solo di fare disclosure su temi finanziari in fase di due diligence ma di integrare fin dalle prime fasi un reporting sui temi dei diritti umani e dell’ambiente, in tutte le aree impattate della catena di fornitura.

A meno che non si voglia dimostrare che essa sia priva di valore.

Per far si venga superato e colmato questo intento, la CSDD si propone infatti, in fase di disclosure, di analizzare vari ambiti, che spaziano dalla nozione di liability alla responsabilità civile, vista sempre in maniera più connessa agli aspetti di governance.

Di seguito alcuni cenni per una due diligence di sostenibilità.

Punti chiave della proposta CSDD

  • Integrare la visione aziendale con il concetto di “responsabilità civile”, in quanto la loro divisione limiterebbe la visione aziendale nello stabilire relazioni con gli stakeholder e, di riflesso, porterebbe la società civile a non credere nell’azienda. Questo concetto di responsabilità civile ovviamente andrà applicato anche, anzi con maggiore intensità, negli anelli più lontani e remoti della catena e nei Paesi stranieri suppliers.

  • Maggiore partecipazione del board alle questioni di sostenibilità, soprattutto, in fase di due diligence, non potendosi limitare a mere azioni di audit o amministrative, che non esaurirebbero la disclosure lato ESG corretta richiesta durante una due diligence efficace.

  • Dare ruolo centrale e prioritario agli stakeholder maggiormente interessati durante la DD, per far si di quantificare e investire sul know-how interno all’azienda e coniugarlo con l’ottica di investimento, in ottica di raggiungere la neutralizzazione degli impatti avversi che possono venire a crearsi e su cui anche la SFDR chiama a rendicontare.

L’informazione infatti, viene richiesta anche dalla normativa che regola la rendicontazione finanziaria di fondi e investitori e ad essa è strettamente connessa, partendo dal presupposto che attraverso la limitazione di “principal adverse impacts” o PAI, si possa innalzare il livello aziendale di compliance rivolta alla “civil liability”, nel corso dell’operazione finanziaria e verso tutti gli stakeholders, attraverso anche un forte controllo e monitoraggio, se necessario.

  • Il rischio e il limite che si deve evidenziare nella proposta di legge della CSDD è senz’altro che non tutti i settori sono coperti al momento, dando preferenza all’agricoltura, tessile, estrazione di minerali etc, non pensando al momento di includere le istituzioni finanziarie, che da sole potrebbero governare molto meglio il processo (o almeno con più rigore).

  • Il settore delle Financial Insitutions è compreso infatti parzialmente nella CSDD, essendo al momento tenuto a seguire le linee guida della proposta solo in fase pre-contrattuale di Due diligence, ovvero fermandosi solo quasi a un NDA, senza dare risvolto e attenzione a tutte le persone e stakeholder mediamente coinvolte in una operazione di compra-vendita industriale e finanziaria.

Il framework normativo

Quali possono essere le aree di miglioramento che aziende, enti e istituzioni, finanziarie e non, possono mettere in atto per portare la proposta di legge della CSDD verso una emanazione più completa?

Sono molte al momento in effetti, tra l’altro basta metterla a confronto con le altre leggi in vigore emanate dall’UE in campo di sostenibilità e con cui essa è molto affine, come la SFDR o la disclosure prevista dalla CSRD, ma essenzialmente il punto è che non ci si discosti mai dall’ambiente dove le attività imprenditoriali si sviluppano e si consideri interamente la filiera, coinvolgendo tutta la società civile e i lavoratori, nonché si considerino gli impatti ambientali e le azioni migliorative da mettere in atto.

Il vantaggio è sicuramente notevole, analizzando gli aspetti ESG in tutta la fase di due diligence, in quanto quando si vuole portare a termine un’operazione che incrementi il valore economico, è imprescindibile passare dall’analisi del suo valore sociale intrinseco, considerando e riconoscendo tutti gli attori e portatori di interesse coinvolti.

Altrettanto dovrebbe fare la CSDD nella sua ultima proposta ufficiale in uscita a breve, cercando ancora di più di allargare le maglie della legislazione, interfacciandosi con le altre leggi su citate e già in vigore a livello europeo, in particolar modo coltivando la chance di presentarsi come legge speculare e in continuità con la nascente tassonomia sociale, che punta anch’essa sul ruolo centrale degli stakeholder e della catena di valore.

 

 

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